Muscle up. Pull up. Russian push up. Free handstand. Ovvero sfidare la sbarra sormontandola tra una trazione e l’altra con la sola risorsa di muscoli e articolazioni. Pane quotidiano per chi si abbevera alla fonte del calisthenics, una disciplina che gli sportivi di Bergamo e dintorni stanno appena cominciando ad assaggiare. Ma ce n’è per saziare l’appetito di chiunque voglia prenderne in mano il variegatissimo menù: «È uno sport che deriva la propria etimologia dalle parole greche “kalòs” e “sthenos”, come a indicare l’unione della bellezza con la forza – spiega Luca Alborghetti, gemello del pallavolista Paolo e istruttore di calisthenics presso la palestra 035 Gym di Torre Boldone -. In pratica è una ginnastica centrata sul corpo libero e sulla pura forza, esplosiva e di ripetizione. È costruita su figure come human flag e dragon flag che danno l’illusione della gravità. Non sono le sole, ovviamente: ce ne sono di innumerevoli».
Facile a dirsi, ma per averne un esempio pratico vale la pena di fare una capatina alla struttura di largo delle Industrie gestita da Juri Ambrosioni e Piero Lozza, intitolata a Crossfit Bergamo, per dire dell’altro fenomeno di richiamo di una certa importanza: «Molti atalantini sono stati o sono habitué da queste parti, da Frezzolini a Maxi Moralez passando per Scaloni, Migliaccio e Denis – prosegue Alborghetti -. Una sorta di sperimentazione di un percorso comune con il consenso del club».
Già, ma come e quando ha preso piede dalle nostre parti quella che è ancora erroneamente percepita quale una novità da maniaci del fitness? Quali sono le sue peculiarità? Luca, mentre coordina riscaldamento e workout a coppie (stretching, posizioni statiche con lavoro isometrico, l-sit sul box), non si tira indietro. «In Italia è un boom recente, ancora in fase di sviluppo: parliamo di pochi anni, il movimento non ha ancora la notorietà che merita. I Paesi dell’est hanno la ginnastica nel sangue e agli Europei la fanno da padroni. La nostra palestra in senso generale è in grande crescita, in pochi anni dopo essere partiti da sette-otto persone adesso siamo più di novecento tra un corso e l’altro – sottolinea con orgoglio -. Il calisthenics è affascinante perché è semplice: nessuna distinzione tra outdoor e indoor, tanto che in Italia i campionati assoluti organizzati da Burningate sono estivi e invernali, in spiaggia a Riccione e al chiuso a Torino. Serve davvero poco: una sbarra, un palo e se si vuole gli anelli, che sono un sovrappiù da allenamento».
La pratica quotidiana, appunto: chi si accosta al calisthenics, nato da una costola della ginnastica artistica e cresciuto nei parchi (negli Usa spopola), non può farne a meno. È lo stesso nostro istruttore-divulgatore d’eccezione a confermarcelo: «È bene sostenere sedute piuttosto frequenti. La formula preferibile è il tre più uno, ovvero tre sessioni in tre giorni consecutivi intervallate da un giorno di riposo, anche se c’è chi opta per il quattro più due. In palestra comunque si fa un’ora alla volta, molto intensa. Ed è fondamentale che sia la testa a sorreggere il fisico». Detto, fatto: al ritmo della musica, ecco gli studenti seguire le indicazioni del maestro. Magari tra una verticale e qualche allungamento. Appesi per le braccia a un tubo metallico, dove la volontà ha la meglio sulla forza di gravità.
testo SIMONE FORNONI
foto LUCA LIMOLI
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