Incontrare Antonio Noris, il più giovane dei 3 ingegneri di famiglia, è come incontrare la libertà di cui si può godere solamente facendo sport e vivendolo a contatto con la natura, meglio se in montagna, ancor meglio se d’inverno e sulla neve. Non è una forzatura, è la sensazione che si ricava dopo poche frasi di una conversazione a tutto campo, parlando di sport e di giovani che nello sport e dallo sport possono trovare alimento vitale per la loro crescita.
Antonio è anche maestro di sci alpino, ma non esercita, il suo lavoro è quello di progettare e costruire case, dedicando però tantissime energie allo sci club Goggi di cui coordina l’attività tecnica ed organizzativa, è uno sportivo puro, di quelli che sono nati con la vocazione per fare e far fare sport.
Fin da bambino ha praticato lo sci ed è stato anche atleta agonista, prima nelle varie categorie giovanili fino alla partecipazione alle Universiadi di Spagna nel 1981, gareggiando a Nevegal ( Belluno ) nel 1985 e conquistando la Coppa del Mondo Cittadini ( Trofeo Oscar Lund ) con lo Sci Club Goggi.
Allenatore per passione e vocazione, fa proprie ciascuna delle molte problematiche dello sci club, uno dei più prestigiosi dello sci italiano che in più di 50 anni di attività annovera nel suo storico album campioni come Fausto Radici, il mitico Gustav Thoeni, attuale socio e Presidente onorario e Paoletta Magoni, oro olimpico a Sarajevo
La conoscenza dei più aggiornati canoni tecnici ha permesso a Noris di seguire gli atleti dello sci nelle massime competizioni, compresa la Coppa del Mondo, riferimento primario per ogni questione tecnica, ma distinguo fondamentale quando si tratta di attività per giovanissimi.
Ad Antonio quando parla del suo sport, brillano gli occhi.
Racconta di emozioni brucianti, di grande determinazione, di ore trascorse in macchina fra una località e la successiva, fra una gara e l’altra, di strade impossibili e di pendii da brivido, e di tanto freddo, ma mai abbastanza da gelare una passione cocente come la sua.
Per lui sciare è come avvertire il vero senso della libertà lasciandosi avvolgere da un ambiente unico come quello montano che difficilmente gli altri sport possono dare.
La sua concezione sull’attività sportiva è ben precisa: Non deve rovinare i ragazzi
Lo Sport può essere allenamento, sacrificio, agonismo e risultato, ma la vera essenza dello sport è quello che Noris definisce un percorso di atleta-uomo.
Attraverso un’educazione fisica sportiva la persona si completa in quanto le esperienze personali lo arricchiscono favorendo schemi motori utili e funzionali all’intero corso della vita.
Anche se lo sci è uno sport individuale può lo stesso suscitare un’esperienza socializzante perché non prescinde dal rispetto e dalla collaborazione col gruppo di appartenenza. E’ indispensabile lavorare in modo comunitario anche nella rivalità.
Il rispetto della persona dovrebbe essere il fondamento dello sport che, come sostiene, non è solo finalizzato a scoprire talenti, ma a creare persone consapevoli.
Per questo motivo egli punta l’attenzione sui giovanissimi e indica quello che, secondo lui, sarebbe il criterio giusto da adottare nell’educazione sportiva
Fino ai 6 anni andrebbe insegnato solo il gioco per il gioco. Dai 6 agli 11 anni lo sport andrebbe vissuto nella dimensione multidisciplinare, praticando cioè diverse discipline sportive. Solo raggiunti i 14 anni si dovrebbe operare la scelta dello sport
Tappe ben definite che coincidono con il naturale sviluppo della persona o meglio, come sottolinea un tecnico esperto come lui L’utilizzo di una pratica sportiva che sappia tenere conto dei ritmi di crescita biologica della persona”
E’ indispensabile e doveroso stare con i piedi per terra, senza creare agonismo di facciata.
Nell’età prepuberale lo sport deve essere un gioco, la competizione verrà dopo e potrà essere la risultante e la canalizzazione della naturale aggressività che permetterà al ragazzo di acquisire la consapevolezza della sua identità e delle sue capacità.
L’avvio all’agonismo dovrebbe essere comunque una scelta personale e spontanea: nessuno, nemmeno i genitori, dovrebbe intervenire su tale decisione per non provocare successivamente la frustrazione di non avere soddisfatto aspettative non sue.
Su questi concetti Antonio Noris è pienamente convinto e li considera determinanti per quello che sarà poi il percorso dell’atleta: Atleta- Uomo e non atleta- macchina.
Papà Gherardo, con questa filosofia ha giocato a pallavolo in serie B fino a 37 anni. Poi, per i suoi figli, ha iniziato a seguire lo sci, ma l’atteggiamento nei confronti dello sport è rimasto invariato.
Antonio ha imparato la lezione paterna, ha continuato e continua a passare il testimone di questa sana cultura sportiva, ma non vuole fermarsi qui e lancia l’dea di una marcia pacifica su Roma, per sensibilizzare il CONI su questi temi e “dovremmo esserci tutti, allenatori, sportivi, simpatizzanti…tutti!
Si capisce che la concezione attuale dello sport lo fa soffrire, auspicherebbe un’inversione di rotta e le sue parole chiariscono un pensiero che è dettato più dal cuore che dalla mente:
Il cambiamento deve venire dall’alto: dal CONI e dalle Federazioni. Si tratta infatti di una responsabilità educativa che non può gravare sulle sole società sportive. Forse in questo momento c’è troppo distacco tra il vertice e il campo.
Conveniamo con le sue considerazioni: troppa precocità, troppo agonismo, troppa voglia di “vincere” a qualunque costo!
Antonio non ci sta e vorrebbe poter fare qualcosa di importante per cambiare le cose!
Ripropone come capisaldi l’amicizia, la voglia di stare insieme e la sana competizione, quella che fa crescere.
Si augura il ritorno di uno sport che non distrugga e non insegni a distruggere, ma che contribuisca ad una vera crescita.
Antonio Noris è una persona solare, col sorriso pronto e contagioso, crede nella poesia dello sport, la poesia della grandi imprese di Alberto Tomba, ma anche quella dell’ottantenne che scende dalle cime con la disinvoltura di un ragazzo, diverse esperienze e diverse motivazioni ma stessa voglia di sperimentare capacità ed attitudini, stesso desiderio di vivere la natura a piene mani con la gioia nel cuore, spossati nel fisico alla fine della giornata ma ebbri di sensazioni uniche ripensando ai silenzi rotti soltanto dal frusciare degli sci sulla neve, contenti dentro, capaci di relazioni spontanee di amicizia attorno alla tavola e ad un bicchiere di vino.